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"Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull'effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All'incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l'ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un'emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito". [Joël Dicker in "La verità sul caso Harry Quebert"]

martedì 26 settembre 2023

Andrea Camilleri: La forma dell'acqua

Andrea Camilleri: La forma dell'acqua. Montalbano, vol. 1

Formato: copertina flessibile
Pagine: 173 pagine
Editore: Sellerio Editore (10 marzo 1994)
ISBN-13: 9788838910173

Data di acquisto: 17 luglio 2019
Letto dal 6 al 9 agosto 2020

Sinossi
Il primo omicidio letterario in terra di mafia della seconda repubblica, un omicidio eccellente seguito da un altro, secondo il decorso cui hanno abituato le cronache della criminalità organizzata, ha la forma dell'acqua ("Che fai?" gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda. "Qual è la forma dell'acqua?". "Ma l'acqua non ha forma!" dissi ridendo: "Piglia la forma che le viene data"). Prende la forma del recipiente che lo contiene. E la morte dell'ingegnere Luparello si spande tra gli alambicchi ritorti e i vasi inopinatamente comunicanti del comitato affaristico politico-mafioso che domina la cittadina di Vigata, anche dopo il crollo apparente del vecchio ceto dirigente. Questa è la sua forma. Ma la sua sostanza (il colpevole, il movente, le circostanze dell'assassinio) è più antica, più resistente, forse di maggior pessimismo: più appassionante per un perfetto racconto poliziesco. L'autore del quale, Andrea Camilleri, è uno scrittore e uno sceneggiatore che pratica il giallo e l'intreccio con una facilità e una felicità d'inventiva, un'ironia e un'intelligenza di scrittura che, oltre il divertimento severo del genere giallo, appartengono all'arte del raccontare. Cioè all'ingegno paradossale di far vedere all'occhio del lettore ciò che si racconta, e di contemporaneamente stringere con la sua mente la rete delle sottili intese.

L'incipit del libro
Lume d'alba non filtrava nel cortiglio della «Splendor», la società che aveva in appalto la nettezza urbana di Vigata, una nuvolaglia bassa e densa cummigliava completamente il cielo come se fosse stato tirato un telone grigio da cornicione a cornicione, foglia non si cataminava, il vento di scirocco tardava ad arrisbigliarsi dal suo sonno piombigno, già si faticava a scangiare parole. Il caposquadra, prima di assegnare i posti, comunicò che per quel giorno, e altri a venire, Peppe Schèmmari e Caluzzo Brucculeri sarebbero stati assenti giustificati. Più che giustificata infatti l'assenza: i due erano stati arrestati la sera avanti mentre tentavano di rapinare il supermercato, armi alla mano.
A Pino Catalano e a Saro Montaperto, giovani geometri debitamente disoccupati come geometri, ma assunti in qualità di «operatori ecologici» avventizi in seguito al generoso intervento dell'onorevole Cusumano, per la cui campagna elettorale i due si erano battuti corpo e anima (esattamente nell'ordine: il corpo facendo assai più di quanto l'anima fosse disposta a fare), il caposquadra assegnò il posto lasciato vacante da Peppe e Caluzzo, e precisamente il settore detto la mannara, perché in tempi immemorabili pare che un pastore avesse usato tenervi le sue capre. Era un largo tratto di macchia mediterranea alla periferia del paese che si spingeva quasi fin sulla pilaia, con alle spalle i resti di un grande stabilimento chimico, inaugurato dall'onnipresente onorevole Cusumano quando pareva che forte tirasse il vento delle magnifiche sorti e progressive, poi quel venticello rapidamente si era cangiato in un filo di brezza e quindi si era abbacato del tutto: era stato capace però di fare più danno di un tornado, lasciandosi alle spalle una scia di cassintegrati e disoccupati. Per evitare che le torme vaganti in paese di nìvuri e meno nìvuri, senegalesi e algerini, tunisini e libici, in quella fabbrica facessero nido, torno torno vi era stato alzato un alto muro, al di sopra del quale le strutture corrose da malottempo, incuria e sale marino, ancora svettavano, sempre più simili all'architettura di un Gaudi in preda ad allucinogeni.

La mia recensione
"Il questore aveva sostenuto che ogni morte, anche la più abietta, conservava sempre una sua sacralità. Montalbano aveva ribattuto, ed era sincero, che in ogni morte, magari in quella di un Papa, non arrinisciva a vederci niente di sacro".
Un importante politico locale viene trovato morto, e con i pantaloni abbassati, in aperta campagna, in un luogo dove sono solite appartarsi le prostitute. Ecco, questo è il primo mistero da risolvere per il commissario Salvo Montalbano, il personaggio (letterario e televisivo) nato dalla penna del maestro Andrea Camilleri.
In questa prima avventura del commissario, la fa da padrona l'ironia e la maestria del maestro che, letteralmente, sbeffeggia il potere politico che si erge a difesa di se stesso. La storia, per dirla tutta (ed in tutta onestà), non è niente di eccezionale: è solo un incessante ripetizione di scenette/macchiette tra Montalbano e gli altri personaggi (e tra un colpo di scena e l'altro), sino all'epilogo finale.
Le due caratteristiche principali di questo romanzo sono sia il linguaggio misto italiano-siciliano utilizzato da Camilleri (pare ostico ma ci si fa presto l'abitudine a leggere e comprendere certi vocaboli), e sia il fatto che non si parli mai di Mafia, anche se in alcuni passaggi la si "intravede" comunque.
Libro consigliato a chi ama i gialli non impegnativi e chi vuol accostarsi alle avventure del commissario Montalbano.
Voto: ⭐⭐⭐⭐ (4 su 5)

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