Giuseppe Guido Loschiavo: Piccola Pretura
Formato: copertina flessibile
Pagine: 264
Editore: Aulino (25 maggio 2019)
ISBN-13: 9788831242004
Data di acquisto: 19 luglio 2022
Letto dal 4 all'11 novembre 2022
◾ Sinossi
Una riscoperta letteraria a settanta anni dalla pubblicazione, una narrativa che si distacca dai canoni neoveristici e che anticipa il grande filone narrativo sciasciano. Loschiavo ambienta la vicenda nel 1921, con un chiaro riferimento alla sua esperienza di pretore a Barrafranca, con la descrizione di personaggi e comportamenti che, oltre alla mafia, ci segnalano la diversità di una società divisa in caste, dove resistono la soggezione delle donne e l'assenza di riscatto. Dai problemi delle zolfare, fino a toccare il tema della mafia, per la prima volta citata in chiaro. E il disagio del pretore è nel suo insistere a voler imporre la legge dello Stato sopra tutte, anche e soprattutto sulla mafia. Non c'è momento in cui la figura di questo eroe ante litteram non si proponga come unico esponente della giustizia, la giustizia dello Stato per cui la legge è uguale per tutti. Primo romanzo sulla mafia, la Lux Film trasse la sceneggiatura del primo film che trattava l'argomento, "In nome della legge", con gli sceneggiatori Giuseppe Mangione, Tullio Pinelli, Aldo Bizzarri, Federico Fellini, Mario Monicelli per la regia di Pietro Germi ed un giovanissimo Massimo Girotti nel ruolo del protagonista.
Il bivio di Màrcatobiànco per chi giungeva dal Capoluogo si divideva in due stradoni polverosi e pieni di buche come una enorme V bianca posata sulla terra oscura.
Nella notte illune la luce astrale dava vita insolita al paesaggio campestre: i filari di opunzie apparivano ora mostri ora eserciti di guerrieri, agguattati lungo i margini delle strade, e i rari olivi anime dannate contorte nella disperazione.
Le ristoppie dei campi scricchiolavano, come se una vita invisibile brulicasse fra esse. Strimpellamenti di grilli. Squittii di qualche uccello notturno, che passava a fior di terra con molle volo.
Senso di desolazione, di vuoto.
Il cigolìo dei tre carri attraccati e la sonagliera del mulo di testa sembravano riempire quel vuoto fino all'orizzonte.
Beppe Parrinello, seduto sulla sponda anteriore del carretto, a cavalcioni della stanga, guidava il mulo, figgendo gli occhi nell'oscurità. I suoi nervi erano in allarme e trasalivano ad ogni fruscio sospetto.
Il vecchio padre, sdraiato dentro al carro e avvolto nello scapolare, dormiva profondamente, cullato dal rumore e dagli scossoni.
Beppe canticchiava in sordina per non cedere alla suggestione dell'ora e del sonno.
I carri, affidati a massaro Parrinello e al figlio Beppe, avevano trasportato alla stazione i sacchi di mandorle sgusciate, 'ritrita, e tornavano a Villa Maria Cristina, la perla della proprietà padronale del Dottore, stimatissima persona del paese di * e ricchissimo proprietario di terre.
Nella notte, eccetto quel vivente segno, nulla si vedeva. La lanterna ad olio, appesa all'asse delle ruote, proiettava un alone di luce rossastra fra la polvere, sollevata dagli zoccoli del mulo, e i sonagli ritmavano l'àmbio con argentino e monotono squillo.
Si avvicinava il «passo», il temuto varco, dove pure di giorno contadini e carrettieri erano soliti farsi il segno della Croce e, come marinai sorpresi dalla tempesta, raccomandarsi alla Madonna della Stella o a Santo Alessandro secondo le proprie simpatie o la parrocchia.
La strada fiancheggiava un burrone, si addossava a un'alta ripa e nel punto più angusto, là dove piegava sul ponticello del torrente, due rampe immettevano nella trazzera, che si perdeva nel brullo latifondo.
Quando i carretti furono non lontani dalla curva e la ripa con il coronamento di agavi e fichi d'india dominava già la strada, nel silenzio, ch'era più profondo perché neppure gli uccelli notturni squittivano, quasi fossero intanati, si levò una volta, due volte, tre volte, un suono breve profondo melodioso come di corda metallica vibrata.
Era segnale di avvistamento e a Beppe non sfuggì che il suono del rustico strumento musicale aveva precisato il numero dei carri, che si avvicinavano.
"Ed alla sua esperienza una domanda: ha fatto bene, secondo lei, Calogero Alleo a morire tacendo il nome del suo assassino?"
Il Cancelliere tentennò un poco, poi: "Secondo la nostra legge: sì!"
"Lei mi parla di una legge, che non è quella che serviamo. Lei si riferisce alla legge della mafia, della malavita..."
"Signor Pretore, è la sola legge, che qui comanda! Non si è convinto da questi approcci che siamo in un mondo diverso? Lei è un teorico della legge, un idealista! Qui, la realtà è un'altra! La vera legge è quella che si detta con la doppietta a canne mozze. E guai a non rispettarla!".
📌 Voto: ⭐⭐⭐⭐⭐ (5 su 5)