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"Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull'effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All'incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l'ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un'emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito". [Joël Dicker in "La verità sul caso Harry Quebert"]

lunedì 28 agosto 2023

Virginia Baily: Una mattina di ottobre

[rimetto qui questo post originariamente pubblicato, in data 20 febbraio 2016, su un mio precedente sito web]

Virginia Baily: Una mattina di ottobre

Titolo originale: Early One Morning
Formato: copertina rigida
Pagine: 407 pagine
Editore: Nord (14 gennaio 2016)
ISBN: 9788842926849

Data di acquisto: 25 gennaio 2016
Letto dal 13 al 20 febbraio 2016

▪ Sinossi
L'alba color acciaio è fredda come la pioggia sottile che si deposita silenziosa tra i suoi capelli e le scivola lungo il collo. Chiara Ravello però ha smesso di farci caso nell'istante in cui si è inoltrata nel quartiere ebraico. Ha come la sensazione che quei vicoli siano stati svuotati di vita e non rimanga che l'eco di una sofferenza muta. Quando sbuca in una piazza, Chiara vede un camion sul quale sono ammassate diverse persone. Tra di esse, nota una madre seduta accanto al figlio. Le due donne si fissano per alcuni secondi. Non si scambiano nemmeno una parola, basta quello sguardo. Chiara capisce e, all'improvviso, incurante del pericolo, inizia a gridare che quel bambino è suo nipote. Con sua grande sorpresa, i soldati fanno scendere il piccolo e mettono in moto il camion, lasciandoli soli, mano nella mano. Sono passati trent'anni dal rastrellamento del ghetto di Roma e, all'apparenza, Chiara conduce un'esistenza felice. Abita in un bell'appartamento in centro, ha un lavoro che ama, è circondata da amici sinceri. Tuttavia su di lei grava il peso del rimpianto per quanto accaduto con Daniele, il bambino che ha cresciuto come se fosse suo e che poi, una volta adulto, è svanito nel nulla, spezzandole il cuore. E, quando si presenta alla sua porta una ragazza che sostiene di essere la figlia di Daniele, per Chiara arriva il momento di fare i conti con gli errori commessi, con le scelte sbagliate, con i segreti taciuti troppo a lungo…

▪ La mia recensione
Sarò breve e, quindi, vado subito al dunque: questo libro mi ha molto deluso ma, allo stesso tempo, riconosco che Virginia Baily ha tutte le carte in regola per una brillante carriera visto che le potenzialità ci sono tutte!
Ma come sempre, prima della mia recensione vera e propria, partiamo dalla trama.
Siamo a Roma, la mattina del 16 ottobre del 1943, e Chiara Ravello, mentre si trova a passare dalla piazza principale del ghetto ebraico, vede alcuni camion che stanno caricando gli abitanti dello stesso ghetto. Mentre è intenta ad osservare la scena, il suo sguardo è attratto da una giovane donna che, insieme alla sua famiglia, è caricata a forza su uno dei camion. Chiara, che già si prende cura di una sorella con problemi psichici dopo una tremenda malattia, non ci pensa due volte e inizia ad urlare verso i soldati nazisti che il bambino tenuto in braccio dalla donna sul camion è suo nipote. Nello stupore generale dei presenti, ed anche della stessa Chiara, i soldati le credono e fanno scendere il bambino che subito viene affidato alla falsa zia. Trent'anni dopo, però, ritroviamo Chiara divorata dai sensi di colpa per non aver saputo aiutare ed ascoltare l'ormai adulto Daniele Levi (questo il nome del bambino adottato) che, traumatizzato e sopraffatto dai debiti e dalla droga, ha fatto perdere le proprie tracce. Una mattina a casa di Chiara si presenta Maria: viene dal Galles e dice di essere la figlia di Daniele (e in effetti padre e figlia si somigliano moltissimo). È questa l'occasione che Chiara stava aspettando per poter affrontare il proprio passato e fare, una volta per tutte, il bilancio della propria vita…?
Ora veniamo a noi. Il romanzo mi è parso sì scorrevole ma molto misero (con la parte del rastrellamento del ghetto che poteva essere sviluppata meglio), e la sua trama davvero troppo monotona e piatta… anche in presenza delle poche scene con i soldati nazisti. Assolutamente deludente la parte finale: mi ha dato l'impressione di essere stata scritta in maniera abbastanza frettolosa (come se l'autrice avesse necessità di chiudere il libro quanto prima). Una mattina di ottobre si salva, insomma, solo grazie al suo linguaggio non particolarmente pesante (ecco perché l'ho definito scorrevole) e, soprattutto, per l'amore della scrittrice per l'Italia e per Roma in particolare.
▪ Voto: ⭐⭐⭐ (3 su 5)

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