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"Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull'effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All'incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l'ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un'emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito". [Joël Dicker in "La verità sul caso Harry Quebert"]

giovedì 24 agosto 2023

Corrado Augias: Il disagio della libertà. Perché agli italiani piace avere un padrone

[rimetto qui questo post originariamente pubblicato, in data 13 agosto 2018, su un mio precedente sito web]

Corrado Augias: Il disagio della libertà. Perché agli italiani piace avere un padrone

Formato: copertina rigida
Pagine: 200
Editore: Rizzoli (8 febbraio 2012)
ISBN-13: 978-8817055079

Data di acquisto: 21 aprile 2017
Letto dall'8 al 13 agosto 2018

Sinossi
In novant'anni di storia, dal 1922 al 2011, abbiamo avuto il Ventennio fascista e il quasi-ventennio berlusconiano: per poco meno di metà della nostra vicenda nazionale abbiamo scelto di farci governare da uomini con una evidente, e dichiarata, vocazione autoritaria. Perché? Una risposta possibile è che siamo un popolo incline all'arbitrio, ma nemico della libertà. Vantiamo record di evasione fiscale, abusi edilizi, scempi ambientali. Ma anche di compravendita di voti, qualunquismo: in poche parole una tendenza ad abdicare alle libertà civili su cui molti si sono interrogati. Da Leopardi a Carducci che dichiarava "A questa nazione, giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca del tutto l'idealità", fino a Gramsci che lamentava un individualismo pronto a confluire nelle "cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate alle classi alte". Per tacere di Dante con la sua invettiva "Ahi serva Italia, di dolore ostello!" e di Guicciardini con la denuncia del nostro amore per il "particulare". Con la libertà vera, faticosa, fatta di coscienza e impegno sembriamo trovarci a disagio, pronti a spogliarcene in favore di un qualunque Uomo della Provvidenza. Questo libro, un'indagine colta e curiosa su una pericolosa debolezza del nostro carattere, è anche un appello a ritrovare il senso alto della politica e della condivisione di un destino. La libertà, intesa come il rispetto e la cura dei diritti di tutti, non è un'utopia da sognare ma un traguardo verso cui tendere.

L'incipit del libro
Una domanda che ho sentito ripetutamente porre nelle conversazioni con amici stranieri è come mai gli italiani tengano così poco alla libertà da avervi più volte rinunciato nel corso della loro storia senza eccessive preoccupazioni. A prima vista la questione potrebbe sembrare fuori luogo. Proprio agli occhi di molti visitatori stranieri, il nostro appare come uno dei Paesi dove la libertà abbonda, in certi casi straripa. Molti costruiscono una casa dove sarebbe (sarebbe, condizionale) proibito, molti saltano i semafori perché si annoiano ad aspettare che la luce diventi verde, molti non pagano le tasse perché quei soldi meglio tenerseli, molti parcheggiano dove viene più comodo perché tanto è questione di un minuto, molti piantano enormi cartelloni pubblicitari anche dove rappresentano un pericolo per la circolazione, molti gettano i rifiuti sulla strada, sulla spiaggia, nei boschi, insomma dove capita. Non sono queste altrettante manifestazioni di libertà? Una libertà addirittura sconfinata, come tale sconosciuta ad altri europei? La verità è che il concetto di libertà, anzi la stessa parola "libertà", può avere molteplici accezioni, coinvolge questioni complesse e talora ambigue. Infatti si è cercato infinite volte nel corso dei secoli di dargli una definizione valida una volta per tutte.

La mia recensione
"L'eterna Italia dove si diventa servi per necessità perché sono i furbi e gli arroganti a fare politica piegando le leggi ai propri interessi".
Questo libro è un pugno in piena faccia per tutti gli italiani. Avete presente quando da bambini le nostre madri, per insegnarci la retta via (ossia, la buona educazione), ci prendevano a ciabattate? Ecco, è quello che tenta di fare il dottor Augias con questo libro… solo che, invece che tirarci dietro una ciabatta, lui si limita a rinfacciarci direttamente tutti i nostri limiti di popolo italiano. Inoltre, tutto il testo può essere visto come una sorta di prosecuzione naturale di I segreti d'Italia (dello stesso autore e pubblicato nello stesso anno del presente libro).
Detto in parole povere, Corrado Augias ci ricorda, anche con brillanti esempi ad hoc o con salti indietro nella storia, che l'italico popolo ha sempre preferito delegare il potere (a volte anche nelle mani di una sola persona, come dimostrano gli sciagurati ventenni mussoliniani e berlusconiani) e, addirittura, anche la propria libertà pur di non farsi carico della responsabilità della cosa pubblica… per poi approfittarne alla prima occasione!
Voto: ⭐⭐⭐⭐ (5 su 5)

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