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"Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull'effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All'incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l'ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un'emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito". [Joël Dicker in "La verità sul caso Harry Quebert"]

lunedì 17 novembre 2025

Ian McEwan: fantascienza senza scienza


Ian McEwan: fantascienza senza scienza

👉 fonte: Doppiozero.com

Al Piccolo Teatro di Milano a discutere, sotto la supervisione di Alice Strazzi della rivista Stratagemmi, con studenti e studentesse molto competenti della Statale di Milano e con i bravi attori della compagnia Sotterraneo, Il fuoco era la cura, un raffinato e ironico adattamento di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, da loro messo in scena diciotto anni dopo che Luca Ronconi aveva rielaborato lo stesso romanzo portandolo a Torino e a Milano. La fantascienza non ha una grande tradizione teatrale, ma un'eccezione è notevole: R.U.R. di Karel Capek (Praga, 1921), in cui la ribellione di esseri umani ridotti ad automi allude alla recente rivoluzione comunista in Russia. Diverso è il discorso per quello che riguarda direttamente gli scienziati e la loro spesso controversa esistenza. Chi scrive queste annotazioni ricorda di aver assistito in giovane età, nel 1963, e sempre al Piccolo di Milano, alla memorabile messa in scena della Vita di Galileo di Bertolt Brecht, per la regia di Giorgio Strehler, e con l'interpretazione di Tino Buazzelli. Alla fine del secolo, Michael Frayn, in Copenhagen, fa incontrare nella capitale danese i due fisici nucleari Niels Bohr e Werner Heisenberg, che discutono - siamo nel 1941 - sull'opportunità di costruire una bomba atomica. Ma, a proposito di teatro e di fantascienza, il vero ur-text rimane, a mio parere, La tempesta di Shakespeare, recitata a corte nel novembre 1611, con Prospero nel ruolo di un mago-scienziato rinascimentale, e le creature da lui plasmate (Ariel, Caliban, la stessa Miranda) raggruppate sul palcoscenico di un'isola misteriosa che è quella mediterranea dei miti omerici, e che, nello stesso tempo, è collocata nelle Bermuda, visitate in epoca recente dai viaggiatori inglesi diretti verso le coste americane.
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