Ian McEwan: fantascienza senza scienza
👉 fonte: Doppiozero.com
Al Piccolo Teatro di Milano a discutere, sotto la supervisione di Alice Strazzi della rivista Stratagemmi, con studenti e studentesse molto competenti della Statale di Milano e con i bravi attori della compagnia Sotterraneo, Il fuoco era la cura, un raffinato e ironico adattamento di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, da loro messo in scena diciotto anni dopo che Luca Ronconi aveva rielaborato lo stesso romanzo portandolo a Torino e a Milano. La fantascienza non ha una grande tradizione teatrale, ma un'eccezione è notevole: R.U.R. di Karel Capek (Praga, 1921), in cui la ribellione di esseri umani ridotti ad automi allude alla recente rivoluzione comunista in Russia. Diverso è il discorso per quello che riguarda direttamente gli scienziati e la loro spesso controversa esistenza. Chi scrive queste annotazioni ricorda di aver assistito in giovane età, nel 1963, e sempre al Piccolo di Milano, alla memorabile messa in scena della Vita di Galileo di Bertolt Brecht, per la regia di Giorgio Strehler, e con l'interpretazione di Tino Buazzelli. Alla fine del secolo, Michael Frayn, in Copenhagen, fa incontrare nella capitale danese i due fisici nucleari Niels Bohr e Werner Heisenberg, che discutono - siamo nel 1941 - sull'opportunità di costruire una bomba atomica. Ma, a proposito di teatro e di fantascienza, il vero ur-text rimane, a mio parere, La tempesta di Shakespeare, recitata a corte nel novembre 1611, con Prospero nel ruolo di un mago-scienziato rinascimentale, e le creature da lui plasmate (Ariel, Caliban, la stessa Miranda) raggruppate sul palcoscenico di un'isola misteriosa che è quella mediterranea dei miti omerici, e che, nello stesso tempo, è collocata nelle Bermuda, visitate in epoca recente dai viaggiatori inglesi diretti verso le coste americane.
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