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"Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull'effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All'incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l'ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un'emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito". [Joël Dicker in "La verità sul caso Harry Quebert"]

venerdì 14 novembre 2025

Gareth Rubin: «Il mio libro-enigma vi farà girare la testa»


Gareth Rubin: «Il mio libro-enigma vi farà girare la testa»
Esce The Waterfall, si legge iniziando dalla prima pagina, si torna all'ultima e poi si cambia verso due volte

👉 fonte: Il Messaggero

Cosa lega la scomparsa del drammaturgo Christopher Marlowe (che mette in allarme il giovane WIlliam Shakespeare), l'avvistamento di una strana creatura in un monastero diroccato trecento anni dopo, la Venezia degli anni Trenta e infine la Hollywood del 1944? Il nuovo romanzo dello scrittore inglese Gareth Rubin, The Waterfall, appena uscito per Longanesi, racchiude un enigma da risolvere, ma non in maniera convenzionale.
Il bestseller The Turnglass si leggeva alternativamente partendo dalla prima o dall'ultima pagina. Qui, invece, si va oltre: si inizia dalla prima pagina, si torna all'ultima e poi si cambia verso due volte: un vero vortice narrativo, da far perdere la testa. «Un'idea dell'editore italiano», dice l'autore, di passaggio nel nostro Paese.

Dove ha trovato l'ispirazione per una simile diavoleria? «Di recente ho scritto un articolo per CrimeReads sui romanzi che giocano con la forma narrativa. Uno era Attraverso lo specchio, di Lewis Carrol, ma c'era anche Casa di foglie di Mark Z. Danielewski, Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino, La donna del tenente francese di John Fowles. E vorrei citare anche L'atlante delle nuvole di David Mitchell: storie intrecciate che si susseguono nel corso dei secoli. Oggi quando scrivo mi ispiro anche ai libri che leggevo da bambino, quando ogni volume mi sembrava un insieme senza fine di fantastiche possibilità, in cui non si capiva mai come andava a finire».
Da adulti si perde l'entusiasmo? «Quando sei giovane, tutto ti sembra nuovo, magico. Si poteva andare ovunque, fare qualsiasi cosa. Quando si cresce, i libri perdono queste caratteristiche dirompenti, si stabilizzano, diventano più scontati. Invece, a me piaceva molto l'idea di lasciare che un libro si scatenasse un po'».
Un libro che si scatena? In che senso? «Volevo lasciarlo andare in dieci direzioni diverse e vedere cosa succedeva. Pur avendo il controllo totale del testo, lasciavo che il libro tentasse strade diverse, che si liberasse un po'».
Questo è il secondo romanzo dopo Turnglass con lo stesso personaggio, Ken Kourian. Cosa possiamo anticipare ai lettori senza rovinare la suspense? «Riprendiamo con Ken e Coraline qualche anno dopo gli eventi di The Turnglass. Volevo tornare su di loro perché li trovavo personaggi interessanti, umani. Ken in particolare, non è un eroe macho, né cinico. Non è neppure particolarmente brillante, non ha una mente alla Sherlock Holmes. È, per molti versi, un uomo normale, che si ritrova catapultato in circostanze eccezionali».
Quattro misteri e molte soluzioni, o una sola risposta finale? «Una sola. Esistono gialli con più di un esito possibile. Ma non credo che funzionino, che possano soddisfare il lettore. In The Waterfall alla fine troviamo una sola verità, un solo movente».
Anche lei pensa, come fa dire a Shakespeare nel libro, che si scrive per intrattenere gli altri? «No, credo che la letteratura, come tutte le altre arti, esistano per uno scopo. Apprezziamo l'arte, la musica o la letteratura, perché ci rendono migliori. Quando leggiamo storie da bambini, lo facciamo per imparare il linguaggio e per costruire la nostra comprensione del mondo».
Nel suo libro, lei fa risalire la paternità di Romeo e Giulietta a Christopher Marlowe, il cui manoscritto fu donato a William Shakespeare. Ritiene che sia possibile? «Di tanto in tanto gli studiosi dicono che Christopher Marlowe o John Webster o altri cinque autori inglesi hanno avuto un ruolo in quest'opera. 500 anni fa, i drammaturghi erano come gli scrittori di Hollywood di oggi. Venivano assunti per un lavoro. Venivano licenziati cinque giorni dopo se non piacevano a chi produceva l'opera. Collaboravano. Litigavano. Se ne andavano a fare qualcos'altro. Quindi molto spesso si scopre che alcune parti di un'opera attribuite a un autore sono state scritte, in realtà, da qualcun altro, o da due autori diversi, nel corso di una serata in taverna».
Ci sarà un terzo libro con Ken Kourian? «No, ma sto scrivendo la parte finale della trilogia di The Turnglass, ambientata nel 1803. Sarà un prequel».
Scriverà altri libri dedicati a Sherlock Holmes, dopo Sinister - La città delle ombre? «Chi può dirlo?».
Cosa pensa di ciò che sta accadendo alla monarchia britannica, e in particolare all'ormai ex principe Andrea? «Sono un repubblicano moderato. Penso che la monarchia sia un'idea sciocca e obsoleta. Ma credo anche che la famiglia reale britannica porti un sacco di soldi al paese, attraverso il turismo. Forse Andrea finirà processato in tribunale. Forse se lo merita. O forse no».

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