"The stone carrier" di Robert Ward
[fonte: thrillercafe.it]
Perché un giornalista è il personaggio ideale a far da protagonista ad un romanzo noir? Perché cerca la verità, ha fiuto per informazioni e indizi e tendenzialmente sa farsi trovare al momento giusto nel posto giusto. Il genere non è molto battuto da noi, gli fa eccezione forse solo Gigi Paoli col suo Carlo Alberto Marchi, ma ha un suo perché molto solido. Se poi trasli il "momento" giusto nel 1978, il posto giusto in una New York febbricitante di agonismo con LA eppure solcata da divi e divine, che in limousine raggiungono locali notturni mitici come Elaine's o lo Studio 54, e scegli la rivista Rolling Stones come testata per cui scrive Terry Brennan, il protagonista, allora ne esce non un ottimo noir, ma addirittura un vibrante (sia pur in rigoroso bianco e nero) hard boiled denso di azione, di fughe, di alleanze ed amicizie infrante, di splendide signore che si incipriano il naso a suon di tirate di coca, mentre fuori dalla porta del bagno degli uomini c'è chi si scazzotta, chi si ubriaca, chi non ha i soldi per la cena.
Terry è un personaggio bello, arrivato da poco dalla provincia pieno di verve, che gli ha fatto guadagnare dei buoni pezzi e la stima di persone financo famose, come lo scrittore Thaddeus Bryant, autore di un romanzo di grande successo, al quale sta così simpatico da essere ammesso nella sua corte dei miracoli, vicina a quella di un tal Mick Jagger o una tale Julie Christie. Le loro serate sono alcoliche ma non del tutto superficiali, tra loro c'è dialogo non chiacchiere, affetto forse, quello che spinge Thaddeus a stimolare Terry verso il romanzo e la letteratura, senza accontentarsi di articoletti.
Ma un giorno accade l'inaspettato rovescio di fortuna: d'un tratto Rolling Stones trova troppo polemici i suoi ultimi articoli e fuori fuoco le proposte di nuovi. Terry il free lance d'un tratto non ha più neppure i soldi per l'affitto, e non capisce neppure perché la sorte gli si sia accanita contro, senza motivo. Nel frattempo, per non farlo ripiegare sul proprio tristo destino, accade che vengano ammazzati tutti e due i fratelli Gardello, gentaglia uscita dal Bronx che spaccia cocaina ma che Terry ha ospitato in casa propria (e lo sa un sacco di gente). Nel giro di un paio di capitoli, Terry si ritrova principale sospettato non solo di quel duplice omicidio, ma addirittura di aver rubato una partita di droga al ras di Harlem, un nero arricchito, cattivissimo e pieno di scagnozzi. Morale: lo cercano tutti. La mala e la polizia. E lui comprende che l'unico modo per farcela sarà trovare il vero colpevole di ambe-tre i delitti.
Immancabile la pupa al suo fianco: veste i panni di camerierina adorante con vezzi di aspirante attrice, che si rivelerà abilissima sia nel nasconderlo che nell'armarlo, una ottima seconda metà di coppia sull'orlo dei guai, mentre accanto a loro si svelano i traffici e si snudano i traffichini, fumano i tombini della città più bella del mondo, mentre dai jukebox escono note di lindy hop e davanti allo Studio54 sfilano i costumi più folli.
The stone carrier è un libro esaltante, scritto benissimo, di cui riesci persino ad immaginare un eventuale cast di trasposizione cinematografica (anche se sono inglesi, io ci vedo benissimo Jonathan Rys- Meyers nei panni di Terry e Carey Mulligan in quelli di Kathy), che sconfinerebbe volentieri nell'Hitchcockiano (arrivate alle scene del mulino a vento sull'oceano e vi ricorderete le mie parole) salvo poi strizzare l'occhio a L.A Confidential o a Black Dahlia.
Ps. Perché il titolo? Perché nella vita ci sono i faraoni, cui la piramide darà gloria sempiterna, e i portatori di pietre, che la costruiscono e di cui non si ricorda nessuno. Bisogna decidere chi interpretare dei due ruoli.

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