Nel nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni i grandi misteri d'Italia: «Siamo un paese ipocrita. In questo libro tanti protagonisti»
Da oggi in libreria L'orologiaio di Brest, prima uscita dello scrittore napoletano con Feltrinelli. «Il mio ritmo? Scrivo otto ore al giorno: è un lavoro»
[fonte: Corriere.it]
Arriva oggi in libreria il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni, L'orologiaio di Brest, prima uscita dello scrittore napoletano con Feltrinelli. E nell'occasione arrivano nell'universo di de Giovanni personaggi nuovi di zecca, in particolare una giornalista determinata e un professore universitario che ha avuto un infelice inciampo nel destino. I due si ritroveranno uniti da un singolare filo che si dipana da una tragedia che si è svolta nel passato, negli anni delle stragi e del terrore. Un racconto avvincente e serrato, che però non mette il punto alla vicenda.
De Giovanni, il finale aperto lascia presupporre la serialità, è così? «Non proprio la serialità, ma una seconda storia sicuramente sì. Il prossimo romanzo dovrebbe essere conclusivo, anche se certo non si può mai dire se un personaggio ti prende la mano».
Come in alcuni episodi di Sara, anche qui compaiono i grandi misteri d'Italia. È un punto sensibile della sua riflessione? «Siamo un paese sostanzialmente ipocrita, che propone un tessuto che non corrisponde al vero, specie nell'esercizio di certi poteri. La narrativa consente di spingersi dove la saggistica non arriva, perché deve basarsi su documenti. Invece il narratore può riunire tutti i puntini di una storia numerandoli, secondo il criterio del verosimile e del possibile. La Storia del resto è fatta di storie individuali».
E in questo romanzo accade proprio che una storia personale si intrecci con eventi più grandi e segreti… «Se un potentissimo ha delle lesioni umane, per esempio amore, invidia, gelosia, soldi, può fare qualcosa che incide sul corso degli eventi in maniera inaspettata. È vero, con Sara ho esplorato alcuni di questi aspetti, ma in questo romanzo di più».
Ci sono dei territori dove non si era mai spinto… «Sì, per esempio il Vaticano. Devo dire che mi sono molto divertito. Il libro è tutto trama, non ha personaggi principali, ogni storia ha la sua dignità e ogni personaggio è protagonista. Perfino i morti. Anzi, qualcuno mi dispiaceva perderlo per la via, per esempio il giovane magistrato… mi faceva tenerezza».
Il titolo sembra un omaggio a Simenon… «Non solo, pensavo soprattutto a Camilleri e al suo Birraio di Preston. Tra l'altro io non nomino mai i luoghi, neanche qui… e mi è piaciuto fare questa inversione clamorosa, proprio nel titolo. Anche se poi Brest appare solo in uno squarcio, giusto una piazzetta con un bar».
Il personaggio della giornalista intraprendente, Vera, ha quella bellezza non appariscente di Sara e anche di Enrica del Commissario Ricciardi. È il suo ideale di donna? «La bellezza è un peso, un elemento che orienta. Una donna bella è soprattutto bella, anche se è una scienziata… Per un uomo è diverso, si dice "è anche bello". Questo mi infastidisce, è un modo grossolano di fare».
Insomma lei guarda oltre la ciocca grigia… «Certo. La bellezza vera è la personalità e quella non la vedi al primo impatto. Eppure una personalità ti entra dentro. E questo vale per Vera, ma anche per gli altri personaggi femminili del romanzo: Flavia, la madre di Andrea; e poi anche la madre di Maddalena».
Qual è la sua prossima uscita in programma? «I Bastardi di Pizzofalcone, a marzo 2026. E poi dovrebbe uscire la seconda parte dell'Orologiaio».
Glielo chiedo ancora una volta: come fa a mantenere questo ritmo? «Per me è un lavoro, mi metto alla scrivania almeno otto ore al giorno, scrivere è un'attività che va affrontata con lo spirito e la forza di ogni altro lavoro. Tra l'altro io non ho una scrittura particolarmente sorvegliata, non impiego due o tre anni per un libro. Anzi, non ho mai capito come si fa a impiegarci tanto… io quando scrivo entro talmente tanto dentro la storia, ci penso notte e giorno, che devo liberarmi presto e mettere il punto».

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